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Padre Agostino Gioia, francescano, scrittore e storico

Circa tre anni prima della scomparsa del professor C. A. Sacheli era venuto a mancare, nel convento dei frati minori osservanti di Termini Imerese, il concittadino padre Agostino Gioia. Era l'8 gennaio 1944. La sua morte passò inosservata. Si era appena usciti dalla guerra e si era distratti da quel fervore di forti tensioni e di arroventate passioni politiche, che animavano la vita cittadina di quel tempo. Per lui non ci fu commemorazione alcuna. E la sua tomba rimase involta nell'oblio. Ancora oggi, nella toponomastica urbana, si cerca invano il suo nome. E dire che lo stradario presenta, insieme con i nomi di personaggi illustri, da tutti ben accetti, anche quelli di uomini poco noti o ignoti, che nulla fecero per Canicattì, e taluni anche non la conobbero neppure di nome.32 Padre Agostino Gioia alla città natia era molto legato: e ad essa e a tanti illustri canicattinesi dedicò libri, monografie e saggi, oltre ad articoli vari, pubblicati su giornali e riviste, come Fiamma Serafica, La Siciliana e il Bollettino del Terz'Ordine Francescano.

Tra i suoi libri sono da ricordare le Memorie storiche di Canicattì (Palermo 1919), Canicattì, Città di Maria Immacolata (Palermo 1928), Fiori Serafici sbocciati in Canicattì (Palermo 1910), Cenni biografici di Mons. Benedetto La Vecchia dei Frati Minori, Arcivescovo di Siracusa (Palermo 1925), Mons. Carmelo Moncada, arcidiacono nella Cattedrale di Girgenti (Palermo 1922), Cenni biografici del Sac. D. Luigi La Lomia, arciprete parroco della città di Canicattì (Palermo 1936), Vita compendiosa di S. Diego d'Alcalà (Palermo 1907), La Minoritica Provincia di Val di Mazara sotto il titolo dell'Immacolata Concezione (Palermo 1925) . Di lui ci restano anche gli articoli pubblicati su La Siciliana, relativi a personaggi canicattinesi come il canonico Desiderio Sammarco La Torre, l'arcidiacono Vito Marco Giuseppe La Lomia, il gesuita padre Salvatore Lo Brutto e il cav. Emanuele La Lomia. Tutto ciò che riguardava Canicattì stava molto a cuore a padre Agostino Gioia.

Giustamente ne metteva in rilievo nel 1927 il grande amore per la città natia la redazione de La Siciliana, rivista mensile illustrata di storia, archeologia, folklore e araldica, pubblicata a Siracusa. Nel numero di aprile-maggio di quell'anno esaltava quel che a Canicattì padre Agostino Gioia era riuscito a realizzare.34 Fu lui a riscattare con sacrifici e privazioni, assieme a padre Vincenzo La Monaca e a padre Antonio Musso, il convento cittadino dei minori osservanti, già confiscato dallo Stato nel 1866. E fu pure lui ad abbellire e arricchire la chiesa dello Spirito Santo di statue, lampadari e di quanto era necessario alle celebrazioni liturgiche. Nel 1926 fu pure lui, a sue spese, a fare erigere nella Villa comunale un monumento a monsignor Benedetto La Vecchia, "gloria di Canicattì ove nacque / onore dei francescani di Sicilia ove rifulse / gemma della chiesa siracusana ove fu vescovo secondo il cuore di Dio".35 Tale monumento, opera dello scultore Luigi Guacci da Lecce, venne inaugurato il 4 luglio dello stesso anno alla presenza delle autorità, del popolo festante e del vescovo di Girgenti.

Quando ciò avvenne, padre Agostino Gioia era da tre anni guardiano del convento di Villagrazia di Carini; e in precedenza lo era stato anche dei cenobi francescani di Ravanusa, di Bagheria e, per sette anni, di quello di Palermo, cioè del Convento Santa Maria degli Angeli della Gancia, sede del padre provinciale. Egli in seguito, dal 1919 al 1921, rivestì anche la carica di definitore dell'Ordine dei frati minori del Val di Mazara. Era un brillante predicatore, ma dovette conciliare questa sua passione con gli impegni della reggenza dei conventi, che i superiori nel corso degli anni gli affidarono, consapevoli di quanto egli fosse capace di realizzare per la prosperità e per la disciplina di essi. Ma, pur con gli impegni assillanti della gestione conventuale, riuscì a distinguersi nella sacra eloquenza. E dai pulpiti di Palermo, Misilmeri, Termini Imerese, Carini, Partinico, Torretta, Alcamo e Canicattì si mostrò eccellente oratore nelle prediche di quaresima e di varie solennità religiose.

Canicattì lo vide venire alla luce il 3 febbraio 1877. I suoi genitori, Antonio e Giuseppa Maira, lo portarono al fonte battesimale nella Chiesa Madre lo stesso giorno della nascita e gli imposero il nome di Stefano. Si nota una difformità tra il certificato di nascita, che pone la data al giorno 3 e l'atto di battesimo, che invece la pone al 4 del mese di febbraio. Vi si legge infatti: "Die 4 Februarii 1877. Ego Sacerdos Joannes Baptista Pantano mansionarius baptizavi infantem hodie natum ex Antonio Gioia et Josepha Maira jugalibus, cui impositum fuit nomen Stephanus. Patrini fuere Rev. Sac. D. Aloysius La Vecchia et Josepha Arnone, omnes de hoc Commune".38 La sua fanciullezza fu afflitta dalla perdita del padre, avvenuta quando egli aveva appena sette anni. Era un contadino appena quarantaquattrenne, quando venne carpito dalla morte. La madre per mantenere la famiglia dovette faticare tanto con il suo lavoro di filatrice. Da lei, donna di animo forte, il figlio ebbe tanto conforto. E furono per lui di sollievo e di guida la chiesa e il convento dei cappuccini, dove in quel tempo esercitava un forte fascino la veneranda figura del servo di Dio padre Gioacchino La Lomia.

A contatto con il sereno ambiente francescano, crebbe timorato di Dio e dedito allo studio. Già a dieci anni era talmente sveglio di intelligenza, sensibile d'animo e disinvolto nei modi, che i cappuccini gli affidarono la recita del panegirico di Natale. Era il 1887. Compiuti gli studi elementari e quelli ginnasiali, dove ebbe come precettore l'arciprete Luigi La Lomia, decise, a quindici anni, di seguire la vocazione religiosa, che gli era sbocciata nel cuore. Attratto dalla vita francescana, non scelse però l'ordine dei cappuccini, ma quello dei frati minori osservanti. Entrato nel convento di Baida, presso Palermo, il 16 ottobre 1892, recitava l' Indue me, Domine,39 e indossava il saio di San Francesco. Compiuto il noviziato e fatta la professione religiosa con i voti di povertà, castità e obbedienza, lasciava il nome battesimale di Stefano e assumeva quello di Agostino. Proseguiva, quindi, gli studi nel convento di Alcamo e frequentava poi il corso di filosofia a Roma, nel collegio di Sant'Antonio, e di teologia a Palermo, dove il 9 giugno 1900, all'età di ventitré anni, veniva ordinato sacerdote da monsignor Gaspare Bova, vescovo ausiliare del cardinale Michelangelo Celesia.

La sua intensa attività sacerdotale veniva turbata dai dolorosi eventi della guerra del 1915-18. Il 1° dicembre 1916 era chiamato al fronte per servire nei reparti sanitari dell'esercito e lì ebbe "agio di mostrarsi fratello affettuoso dei poveri soldati feriti o infermi, consolatore delle famiglie di quei che erano o morti o dispersi o degenti".40 In tale mansione padre Agostino Gioia rimase sino alla fine della guerra; e, quando il 22 maggio 1919 gli venne rilasciato il foglio di congedo, gli fu pure consegnato un attestato di benemerenza, che ne elogiava il comportamento in questi termini: "Durante il tempo passato sotto le armi ha tenuto buona condotta ed ha servito con fedeltà ed onore".41 Abbiamo di lui, oltre le già citate opere riguardanti Canicattì, anche altri saggi e monografie, quali La Chiesa e il Convento di Santa Maria degli Angioli (La Gancia) (Palermo 1920), La Chiesa e il Convento di San Giovanni Battista in Baida, presso Palermo (Palermo 1920), La Chiesa e il Convento di Santa Maria di Gesù in Cammarata (Quaracchi 1920), La Chiesa e il Convento di Santa Maria di Gesù in Alcamo (Quaracchi 1921), Notizie biografiche del Beato Matteo De Gallo da Girgenti dell'Ordine dei Frati Minori (Firenze 1923), Il Beato Arcangelo da Calatafimi, Vicario Provinciale dei Frati Minori in Sicilia (Palermo 1926), I frati minori della regolare osservanza (Palermo 1940), Con San Giuseppe: Manualetto di preghiere pei Devoti del Patriarca S. Giuseppe (Palermo 1931), Manuale dei devoti di Sant'Antonio da Padova taumaturgo francescano (Palermo 1928), Vita compendiosa della serva di Dio suor Rosaria Caterina alias di Gesù (Palermo 1928). Non è, pertanto, solo Canicattì che deve gratitudine a padre Agostino Gioia, ma anche diversi centri della Sicilia. A lui, a pieno merito, spetta un posto di rilievo tra gli uomini illustri canicattinesi.

Diego Lodato


solfano@virgilio.it


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