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L'EROICO SACRIFICIO DEL TEN. COL. VINCENZO LA CARRUBBA

Era appena cominciata l'estate del 1943. I bombardamenti alleati contro i punti nevralgici di Canicattì si erano fatti più intensi. Erano paralizzate le vie di comunicazione, distrutte o danneggiate diverse case, travolte tante vite. La gente in preda al panico fuggiva dalla città in cerca di rifugi più sicuri. Le campagne sembravano più affidabili, sicché chi poteva cercava di mettervisi in salvo, abbandonando le case per le grotte. A Canicattì la solitudine regnava sovrana: e le sirene che laceravano l'aria, annunziando tetre le incombenti incursioni aeree, accentuavano ancor di più tale solitudine. Greggi e armenti vagavano abbandonati nei campi. Il grano attendeva invano chi lo mietesse e gli alberi chi ne cogliesse i frutti. In città mancava finanche il pane. A ogni esplosione di bombe, porte e finestre oscillavano violente al triste vento.

Per le vie desolate e deserte di Canicattì si aggirava intrepido in quei giorni un alto ufficiale dell'Arma azzurra, il Tenente Colonnello Vincenzo La Carrubba, tornato nella sua città natale per una fugace visita ai suoi cari e un commosso abbraccio. Sarebbe stato, purtroppo, l'estremo suo saluto a ogni cosa diletta più caramente. Mancava ormai poco all'arrivo degli alleati. Se si fosse fermato ancora per qualche giorno, si sarebbe certamente salvato. Ma egli non volle mancare al suo dovere, pur pienamente consapevole dei gravi rischi cui andava incontro. Ed è emblematica al riguardo questa testimonianza del fratello Carmelo, compianto preside del Liceo Classico "Ugo Foscolo": "Adusato al senso di responsabilità e di dovere, Vincenzo non si è sottratto, come avrebbe potuto, al suo crudele destino, dato che poche ore prima della occupazione della città era in Canicattì". Diede, pertanto, un accorato abbraccio alla vecchia madre, ai fratelli, alle sorelle e ai nipoti, e rientrò nella sua base militare di Palermo.

Era nel fiore della giovinezza il Tenente Colonnello La Carrubba, appena trentaseienne, con l'animo nutrito di tanta speranza e tutto anelante alla vita, allorché, il 22 luglio 1943, quando ormai da dieci giorni le truppe americane erano entrate a Canicattì, spiccava con il suo caccia l'ultimo volo, intento a difendere, con indomito coraggio e dedizione assoluta, i confini della patria. Ma nel Canale di Sicilia, nel cuore del Mediterraneo, si consumava l'ultimo atto della sua esistenza terrena.

Giovanissimo si era consacrato al servizio dell'Italia, quando, appena diciannovenne, dopo aver conseguito il diploma di maturità presso il Liceo Scientifico di Caltanissetta, aveva indossato la divisa militare di allievo ufficiale dell'Accademia Aeronautica di Caserta, dove si era subito distinto per le sue particolari doti di mente e di cuore. Avevano inizio così per lui le tappe di una brillante carriera. Da sottotenente assurgeva in breve al grado di tenente e, ad appena ventotto anni, dopo avere assolto con magistrale perizia il compito di istruttore di tanti giovani piloti, era promosso capitano e veniva insignito del distintivo d'onore per incliti meriti militari. Con tale grado partecipava alle operazioni belliche in terra di Spagna con il Quinto Stormo d'Assalto. E con estrema audacia si cimentava nei combattimenti più aspri, segnalandosi per il suo eroismo, sì da meritarsi la medaglia d'argento con questa motivazione: "Sosteneva, come comandante di una squadriglia di caccia, quattro accaniti combattimenti contro forze preponderanti, contribuendo all'abbattimento di dieci apparecchi nemici e rivelandosi combattente audace e sprezzante del pericolo".

Nel 1939 riceveva dalla Spagna due prestigiose onorificenze: una medaglia e una croce di guerra. Nello stesso anno veniva decorato dall'alleata Germania con una croce al merito. Il grado di maggiore gli era conferito nel 1940 insieme con l'insegna di cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia e la medaglia di bronzo al valor militare per le prodi gesta compiute negli eterei spazi della Cirenaica, dove in quel periodo si trovava di stanza presso l'aeroporto di Bengasi, a presidio dei territori italiani d'oltremare. L'eccezionalità del suo valore gli faceva di lì a poco acquisire i gradi di tenente colonnello, con l'alto incarico di dirigenza dell'aviazione da caccia della Sicilia occidentale.

Riposa ora il Tenente Colonnello Vincenzo La Carrubba nel più azzurro dei mari, sotto le onde palpitanti e i flutti che si levano alti come a ergergli un'ara. Qui egli ora "abita eterno e l'ossa fremono amor di patria". A lui Canicattì ha intitolato un'ampia e centrale arteria, quella che dal Largo Aosta si protende ad incrociare la Via Regione Siciliana; a lui meritatamente la città natia ha consacrato le Scuole Elementari di Via Enrico Toti. Quando ciò avvenne, il Provveditore agli Studi della provincia di Agrigento, ne esaltò la figura di uomo, di soldato e di eroe, affermando, tra l'altro, che "il corpo insegnante non poteva fare scelta migliore ricordando alle generazioni presenti e future come esempio fulgido di amore per la patria il Tenente Colonnello La Carrubba".

 

Diego Lodato, Cinquant'anni fa l'eroico sacrificio del Ten. Col. Vincenzo La Carrubba, in La Torre, a. XXXIX n. 13, Canicattì, 11 luglio 1993

 

 

 


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