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L'OCCUPAZIONE AMERICANA DI CANICATTI'
di Diego Lodato

Norris H. Perkins è l'ex ufficiale americano che il 6 settembre 1989 tornò a Canicattì dalla natia Portland (Oregon) per rivedere la città in cui egli, nel pomeriggio del 12 luglio 1943, entrò per primo alla testa dei suoi diciassette carri armati e cinquemila soldati della Compagnia H del 66° Reggimento Usa. Dopo quarantasei anni fu accolto festosamente a Canicattì e poté riabbracciare Salvatore Paci, che allora, bambino di sei anni, tagliò la strada ai suoi carri armati, l'anziano contadino Rosario Sciascia, che con la propria moglie lo aiutò a medicarsi le ferite, e Alfredo Aliotta, che, ragazzino, vestito con una minidivisa, si aggregò ai soldati americani, seguendoli nella loro avanzata verso il Nord.

Nel suo libro, pubblicato in inglese a Portland (Oregon) nel 1995 e intitolato North African Odyssey, Adventures in the mediterranean theater of war, Norris H. Perkins, allora comandante di una task force con il grado di capitano, racconta che, giunto con le sue truppe a quattro miglia da Canicattì, fece fermare i suoi carri armati, perché si aspettava una controffensiva da parte dei soldati della Divisione tedesca. Egli, prima di iniziare l'assalto alla città, voleva costringere il nemico a scoprirsi e palesare le sue posizioni. Dalle lontane alture Canicattì gli appariva come una massa di edifici pietrosi incuneati come rocce di cava giù in fondo alla valle.

Quando i carri armati della sua Compagnia si mossero rombando attraverso i terreni scoscesi, il giovane capitano, ancora poco esperto di battaglie, sentì il cuore martellargli forte nel petto. "All'inizio - scrive Norris Perkins - si udiva solo il rumoroso sferragliante stridore dei nostri cingolati; ma, appena cominciammo a scendere, il convulso frastuono della Wright Whirlwind cominciò a squassare l'aria. L'atmosfera era irreale come il delizioso odore dei freschi pomodori schiacciati dai nostri cingolati che ci seguiva sull'onda di una lieve brezza".

Intanto i carri armati avanzavano rombando, mentre una bordata di granate tedesche si abbatteva intorno a loro. Rimanevano illesi i soldati americani e il capitano riceveva per radio dal Generale Rose l'ordine di entrare immediatamente a Canicattì. Mandato il primo plotone sotto il comando del tenente Cam Warren a occupare la parte sinistra della città, il cap. Perkins puntò con gli altri due plotoni, come scrive testualmente, verso the main drag, the Corso Umberto, cioè verso "il principale ostacolo, il Corso Umberto".

"Qui ebbe inizio - narra il capitano Perkins - una serie di brevi incontri umani che attrassero allora la mia attenzione, e ora a distanza di tempo affiorano nella mia memoria più dei ricordi delle scene di guerra. Attraversata la piccola piazza, scorsi un vecchio che stava davanti alla porta con un viso esultante, come un bambino al circo. Questa immagine non si è cancellata più dalla mia mente, perché essa sta a indicare che gli abitanti non erano nostri nemici. Infatti apprendemmo più tardi che a Canicattì, poiché un gruppo di civili avevano dimostrato la loro gioia nel sentire che gli americani stavano per arrivare, erano stati presi a fucilate dai nazisti".

Racconta poi il capitano di avere scorto degli elmi tedeschi lungo i parapetti dei tetti e su alcuni balconi, mentre un uomo, certamente squilibrato, su uno di questi brandiva un fucile da caccia, ma venne subito scoraggiato da alcuni colpi di mitra. A preoccupare il capitano era soprattutto la condizione di vulnerabilità dei piloti dei carri armati, i quali dovevano tenere la testa fuori delle loro torrette per avere il controllo della situazione e badare ai bazookas. Quella che lui stava conducendo era una spettacolare colonna di cingolati che andavano sparando al di sopra della sua testa e ai fianchi del suo blindato proprio per proteggerlo, mentre i suoi due artiglieri mandavano un torrente di fuoco sulla strada, verso i balconi e i tetti.

All'improvviso un bambino attraversò di corsa la strada alcuni metri davanti al cingolato del capitano Perkins. Il suo equipaggio cessò di sparare e lui fece segnale ai carri armati che seguivano di sospendere il fuoco. Il bambino si lanciò verso la porta di una casa sul lato destro della strada. Il capitano vide quella porta aprirsi e scorse una mano protesa ad afferrare quel bambino e a tirarlo dentro, richiudendo rapidamente con forza. E il capitano Perkins confessa che tale scena, durata appena venti secondi, gli rimase talmente impressa da ricordarla ancora in maniera più viva d'ogni altra immagine.

Circa un'ora più tardi, mentre i suoi carri armati cercavano migliori postazioni d'attacco contro il fuoco di artiglieria di alcuni cannoni appostati sulle colline, il capitano Perkins venne colpito al braccio sinistro. E fu in tale frangente che ricevette soccorso, con una vistosa fasciatura, da parte di un contadino in un campo recintato da filo di ferro spinato.

Ancora qualche ora dopo, posizionati i suoi carri armati, il capitano Perkins, mosso da irresistibile sete, cominciò a vagare intorno in preda a malessere, quando si trovò vicino a un casolare. Vide allora un'ombra ritirarsi dalla porta e pensò che potesse essere un tedesco. Posato a terra il suo mitra, si avvicinò all'uscio, intenzionato a usare la pistola, se ce ne fosse stato bisogno. Ma dentro c'erano soltanto due anziani coniugi: e ad essi si rivolse allora con la sola parola che ricordava dal latino appreso tra i banchi di scuola: aqua. Essi gli offrirono subito una grossa pentola piena di acqua con fili di paglia che vi galleggiavano. E, conclude il capitano, I gulped down a large drink, thanked them and left, cioè "mi feci una gran bevuta, li ringraziai e partii".


solfano@virgilio.it





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