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La Secolare Accademia del Parnaso Canicattinese

Parnaso Capitolo IV: L'Accademia del Parnaso e i suoi soci

Recensione di Gabriella Portalone




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LA SECOLARE ACCADEMIA DEL PARNASO CANICATTINESE - CANICATTI', GLI ARCADI, IL BARONE


 L'Accademia del Parnaso e i soci



Recentemente lo storico canicattinese, Prof. Diego Lodato, ha pubblicato un nuovo libro:
LA SECOLARE ACCADEMIA DEL PARNASO CANICATTINESE - CANICATTÌ, GLI ARCADI, IL BARONE.


Edizioni Arti Grafiche Avanzato - Canicattì 1998.


Diego Lodato, laureato in lettere e docente, è autore dei seguenti libri:
L'ETA' ANTICA, Caltanissetta 1981; IL MEDIOEVO, Caltanissetta 1982; LA CITTA' DI CANICATTI', Enna 1987 (con A. La Vecchia); ITINERARIO STORICO DI CANICATTI', Canicattì 1992.
E' stato inoltre, per molti anni, collaboratore del periodico LA TORRE.


Prefazione del libro

Con la Secolare Accademia del Parnaso i canicattinesi hanno dato vita a una istituzione talmente umoristica e satirica che un insigne critico quale Adriano Tilgher, grande estimatore di Luigi Pirandello, in una lettera inviata all'avvocato Salvatore Sanmartino, ha potuto definirla "la più audace e geniale satira politica e del costume". E un docente universitario e storico, come Santi Correnti, studioso di vicende, tradizioni, usi e costumi siciliani, nel suo recente libro "La Sicilia che ride" ha potuto affermare: "Credo che sia difficile contendere la palma dell'umorismo istituzionalizzato in Sicilia alla "Secolare Accademia del Parnaso di Canicattì".
Il professor Correnti pone in rilievo nel suo brillante saggio che tale Accademia occupa "un posto veramente unico nella storia dell'umorismo isolano": e ciò, come egli dichiara, "non soltanto per le sue gesta, ma per il fatto - che nessun'altra Accademia del genere può vantare - che di essa fecero parte, quali Arcadi minori, personalità notissime". Egli elenca, quindi, i letterati, scrittori, poeti e artisti illustri che diedero la loro adesione alla Secolare Accademia del Parnaso Canicattinese: da Pirandello a Gentile, da Marinetti a Trilussa, da Romagnoli a Bontempelli, da Marco Praga a Fraccaroli, ad Hélène Tuzet, da Angelo Musco a Marta Abba.
Veramente unica nel suo genere è stata L'Accademia del Parnaso di Canicattì, vivacizzata da "un'accolta di giovani, pieni di buon umore e d'intelletto". Essi si sono prodigati a creare un mondo fantastico in cui tutto si svolge alla rovescia, dove l'immaginazione si confonde con la realtà, dove la carriera si percorre a ritroso, dove i veri maggiori sono i minori, dove gli asini sono "saggi e sapienti" e dove i soci, detti arcadi, pur se nella vita discordi, si ritrovano poi, come le Muse sulle vette del Parnaso, tutti concordi, tutti amanti della poesia, tutti con i petti frementi di canti, o meglio, come è detto nel sottotitolo della "Parnasiana", "di canti, code, meditazioni e ragli": e tutto ciò con l'intento, come dice bene Lelio Sengrini, un amico dell'avvocato Francesco Macaluso, "di mettere in ridicolo la vita in ciò che questa meriti; di scherzare sulle scemenze umane e sulle cose serie; di prendere a gabbo i presuntuosi, i manierosi, i pieni di fumo, le fame malcreate".
La Secolare Accademia del Parnaso è riuscita con le sue burle anche a valicare i patrii confini, come dimostra la polemica con i giornalisti spagnoli sulla nazionalità di Cristoforo Colombo. Delle sue beffe e delle sue canzonature si è interessata pure la stampa locale e nazionale. Nel 1946 "L'Ora del Popolo" di Palermo pubblicava un divertente servizio di Giovanni Filippone che aveva per titolo "L'umanità vista dal ... Parnaso". Nel 1965 il "Gazzettino di Venezia" sfoggiava uno spassoso reportage di Giuseppe Mugnone intitolato "Gli eccezionali burloni del Parnaso di Canicattì". Nel 1970 "Il Tempo" di Roma dava lustro all'Accademia canicattinese con un brioso articolo di Francobaldo Chiocci dal titolo " Con una beffa a Canicattì si otteneva l'immortalità". Nel 1973 era "La Sicilia" di Catania, con la firma di Giuseppe Alaimo, a dedicare un'intera pagina a "L'Accademia che fece ridere l'Italia".
Un arcade minore, in particolare, ha fatto tanto parlare di sé sulla stampa nazionale e anche estera: il barone Agostino La Lomia. Dei diciotto capitoli di questo volume gli ultimi tre sono dedicati proprio a lui, alla sua figura di nobiluomo eccentrico, alla sua vita di estroso giramondo e al regno "sui generis" dell'isola taorminese di Capo La Croce, che egli aveva scelto come sede marina del Parnaso, a coronamento della sede urbana canicattinese "con acqua corrente" e della sede rurale "con annesso orto".
Comunque, signoreggia nell'insieme Canicattì, culla e sede della Secolare Accademia del Parnaso, città madre, naturale o adottiva, di tutti gli arcadi, compresi quelli onorari di alto rango. La satira, l'ironia, l'umorismo, con le burle, le beffe e gli scherzi, gremiscono le vicende parnasiane dei vari capitoli e dei paragrafi in cui essi si suddividono. Alla fine di ogni capitolo seguono le note esplicative e bibliografiche, in cui tutto viene documentato e chiarito. I versi, le frasi e i termini in dialetto sono tradotti nelle note in lingua italiana, per rendere comprensibile a tutti, anche a chi ha poca dimestichezza con l'idioma siculo, la lettura del testo.
Tra gli arcadi minori hanno un posto di primo piano nelle vicende parnasiane il sen. Salvatore Sanmartino e il farmacista Diego Cigna, considerati i padri del Parnaso, e poi quelli che sono i poeti cantori della Secolare Accademia, l'avv. Francesco Macaluso e il sarto-poeta Peppipaci. Ma tanti altri arcadi, minori e maggiori, si muovono e agiscono nelle pagine evocative dell'esilarante mondo della "somara saggia e tanto sapiente", mondo che destò un forte fascino sull'animo di numerosi uomini illustri e suscitò una così cordiale simpatia in Luigi Pirandello da far sì che egli, che di solito frequentava i grandi teatri delle metropoli d'Europa e d'America, venisse nel 1927 a Canicattì per rappresentare al Teatro Sociale i "Sei personaggi in cerca d'autore".
Diego Lodato


solfano@virgilio.it












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