Indice

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Dall'Unità d'Italia alla Grande Guerra

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SOMMARIO STORICO DI CANICATTÌ

di Diego Lodato

 

 

Il Plebiscito per l'annessione al Regno d'Italia

Intanto i cittadini, che ne avessero avuto i requisiti, erano stati invitati a farsi includere nelle liste elettorali. Le operazioni di iscrizione durarono dal 10 luglio al 20 agosto e si effettuarono nella Chiesa Madre davanti alla Commissione elettorale, composta dall'arciprete Carmelo Moncada, dal notaio Emanuele Antinoro, da Pietro Testasecca, Vincenzo Palumbo, Gaetano Cupani e Alfonso Tedeschi. Il 22 agosto l'elenco degli elettori veniva affisso sulla porta centrale della Matrice: erano in tutto 2203.

Il 21 ottobre si ebbe il Plebiscito per l'annessione al Regno d'Italia. Le operazioni di voto si svolsero alla Matrice davanti al Comitato elettorale, composto dal vicepresidente del Consiglio Civico, Pietro Testasecca, dall'arciprete Carmelo Moncada e dal notaio Emanuele Antinoro. Intanto altri elettori si erano iscritti il giorno precedente e altri furono accettati lo stesso giorno del plebiscito, di modo che il numero degli aventi diritto al voto era salito a 2847, ma i votanti furono 2643 su 18.275 abitanti. E di essi solo uno votò contro e fu stigmatizzato come "il più vile venduto a Giuda, e nemico del Vangelo".

Delusioni post-unitarie

Con il nuovo regno e l'insediamento dei luogotenenti piemontesi, vennero eliminate, però, le riforme garibaldine, con grave malcontento di tutti. E scoppiò la protesta quando, il 30 agosto 1862, vigilia della festa di San Diego, si diffuse la notizia del ferimento di Garibaldi in Aspromonte. Il pomeriggio di quel giorno uscirono i canicattinesi dalle loro case vestiti a lutto. L'indomani, festa di San Diego, verso il tramonto, sfilarono in corteo. A imporre allora l'ordine della caserma intervenne il prefetto di Girgenti, Enrico Falconcini, con reparti di bersaglieri e cavalleggeri.

Nel 1866 vennero soppressi gli ordini religiosi e confiscati i loro conventi. Di conseguenza da Canicattì dovettero andare via i domenicani della chiesa di San Domenico, i conventuali di San Francesco, i carmelitani della Madonna del Carmine, le suore benedettine della Badia e i minori osservanti dello Spirito Santo. Questi ultimi furono gli unici che poi nel 1904 poterono riottenere il loro chiostro. Si salvò dalla confisca solo il Collegio di Maria in virtù dell'azione educativa che svolgeva in favore delle ragazze.

 

Il colera del 1867

Nel 1867 si diffuse di nuovo in Sicilia il colera, che imperversò a Canicattì dai primi di giugno a metà agosto, con più di cinquecento decessi in circa due mesi. Tanti fuggivano per le campagne per sfuggire al contagio; ma c'era chi si prodigava, con grave rischio personale, per aiutare gli infermi: e tra questi in particolar modo l'arciprete Carmelo Moncada, il dottor Francesco Rao e il sindaco Giuseppe Caramazza.

Questi riuscì a garantire a tutti gratuitamente, tranne che a qualche ricco, farmaci e disinfettanti; e mise a disposizione la Selva dello Spirito Santo per la sepoltura dei cadaveri, che i becchini trasportavano dentro casse bianche, rivestite internamente di pece. I corpi venivano dunque interrati senza cassa e ricoperti di calce e terra in fosse lunghe due metri e profonde circa un metro, mentre le loro case si disinfettavano con cloro e solfato di ferro.

 

La Scuola Tecnica, il Cimitero, l'Ospedale e il Municipio

Intanto i canicattinesi non erano rimasti ad aspettare le provvidenze dei luogotenenti piemontesi, di cui, come tutti i siciliani, rimasero fortemente delusi, ma si erano messi all'opera per elevare le proprie condizioni di vita. Il 1° gennaio 1864 il sindaco Salvatore Gangitano dava inizio all'istruzione secondaria, fondando la Regia Scuola Tecnica. Da tale Scuola è derivata, in seguito a varie vicende innovative, la Scuola Media, che prima sorgeva in via Milano e ora in via Pirandello, ed è intitolata al senatore Salvatore Gangitano.

L'epidemia colerica spinse gli amministratori ad affrontarne il problema del cimitero: lo spazio che scelsero e acquistarono nel 1869 fu il terreno della baronessa Margherita Bartoccelli La Lomia, in contrada Costa Piccola. Sul finir dell'estate del 1874 Canicattì potè avere in tal modo il suo cimitero. Una delle prime tombe, che si distingue tuttora, in fondo al viale d'ingresso, davanti alle vetuste cappelle gentilizie, è quella di Rosa Aronica, ivi sepolta il 30 ottobre 1874 per interessamento dei figli sac.Costantino e Agostino Aronica.

Già da un anno, dal 1873, era in funzione l'Ospedale Civile accanto alla chiesa di San Francesco, là dove sorgeva prima il chiostro dei conventuali, confiscato dallo Stato nel 1866. Da più di ottant'anni i canicattinesi ne sentivano il bisogno, da quando nel 1790 era stato smantellato quello fondato nel Seicento dal duca Giacomo Bonanno Colonna. Grande benefattore ne è stato nel 1908 il barone Francesco Lombardo con una propria elargizione di 325.000 lire, somma cospicua per quei tempi; sicché per gratitudine Canicattì ha intitolato al suo nome il proprio Ospedale.

Nel 1870 avevano inizio i lavori per la costruzione del Municipio nell'area edificabile che sorgeva dietro la chiesa di San Diego e di cui era in possesso la confraternita di San Sebastiano. Da tanto tempo si avvertiva la necessità di una più adeguata sistemazione degli uffici municipali, considerata l'angustia della cosiddetta Casa Comunale, costruita nel 1696 di fronte alla chiesa di Santa Rosalia. Nel 1876 si inaugurava l'attuale Palazzo, il quale, però, con il passar del tempo, si è dimostrato del tutto insufficiente alle moderne esigenze della città, tanto che i suoi uffici si trovano ora disseminati in vari plessi.

Fervore religioso di fine Ottocento

Anche la vita religiosa era molto animata in quegli anni di fine Ottocento. Il 25 maggio 1874 veniva a Canicattì a consacrare la Chiesa Madre, tra il fervore generale, il concittadino mons. Benedetto La Vecchia, vescovo di Noto, che sarebbe diventato arcivescovo di Siracusa l'anno seguente.

Pure con generale esultanza era accolta nel 1882 a Canicattì l'apertura di due nuovi conventi: quello degli agostiniani, presso l'antica chiesa di San Biagio, prima parrocchia succursale della Matrice, e quello dei cappuccini, accanto alla chiesa, anch'essa antica, della Madonna della Rocca. Quest'ultimo convento si deve all'opera tenace di padre Gioacchino La Lomia, il cappuccino morto in fama di santità nel 1905 all'età di settantaquattro anni, la cui tomba nell'atrio della chiesa è meta continua di pellegrinaggi da parte di canicattinesi e forestieri, provenienti anche da centri lontani.

Il fervore religioso culminava nelle imponenti manifestazioni della Seconda Adunanza Diocesana del 1897, svoltasi il 1°, il 2 e il 3 ottobre, per volontà di mons. Gaetano Blandini, a Canicattì, definita da lui, vescovo della diocesi, "città per popolazione, per fervore cattolico e per cortese ospitalità, ragguardevolissima". Vi parteciparono cinque vescovi e don Luigi Sturzo. Ci sarebbe certamente stato anche mons. Benedetto la Vecchia, se la morte non l'avesse carpito l'anno precedente. Per la processione conclusiva della domenica, rimarcava l'anticlericale foglio agrigentino La Fenice, "nessuna anima, tranne gli ammalati, rimase in casa".

Fascio dei lavoratori e lotta per il territorio

Notevole fu l'impegno dei canicattinesi nelle lotte democratiche di fine Ottocento, come quelle intraprese con il Fascio dei lavoratori e la Lega dei Comuni siciliani per la riforma delle circoscrizioni territoriali. Assai sensibili furono gli operai e i contadini di Canicattì ai problemi sollevati dai Fasci siciliani per più equi patti agrari, per la soppressione dei latifondi, per l'abolizione dei dazi, per l'eliminazione dell'inflazione e per migliori condizioni di vita. Vi aderirono in massa e raggiunsero in breve il numero di 1450 soci sotto la guida dell'avv. Gaetano Rao.

Anche il problema dell'ampliamento del territorio fu molto sentito dai canicattinesi, tanto che per le elezioni amministrative del 10 ottobre 1897 nessun elettore si presentò per protesta alle urne. E già dieci anni prima, il 30 novembre 1887, Canicattì si era messa a capo dei Comuni che si battevano per lo stesso scopo e aveva ospitato ben sedici sindaci della provincia; e il 27 novembre 1904 ne accolse sessantasei, venuti da ogni parte della Sicilia. Ma solo nel 1932 Canicattì potè vedere rettificati i suoi confini nelle attuali dimensioni di 9.142 ettari, che tuttavia lasciano tuttora insoddisfatti, perché il rapporto tra popolazione e superficie richiederebbe che fossero almeno il doppio.

Imprenditoria canicattinese e primati

La rete ferroviaria, realizzata nella seconda metà dell'Ottocento, e quella stradale agevolarono molto lo sviluppo industriale e commerciale di Canicattì. Stabilimenti, mulini, fabbriche e banche andavano proliferando rigogliosamente: e c'erano prodotti, come scarpe e coltelli, saponi e fiammiferi, che erano esportati anche fuori della Sicilia. Lo stabilimento più prestigioso era quello modernissimo della Trinacria, mulino, oleificio e fabbrica di ghiaccio insieme. Ma erano pure d'avanguardia quelli di Santa Lucia e dell' Acquanuova. Nello stesso periodo sorgevano anche gli istituti di credito cittadini. Il 15 luglio 1886 veniva fondato il Banco di Credito Canicattinese, il 2 giugno 1895 la Banca Agricola Cooperativa, il 26 maggio 1901 la Cassa Rurale "San Francesco". Nello stesso tempo era in costruzione il Teatro Sociale, progettato da Ernesto Basile nel 1899.

Tanti primati, oltre quello delle banche, hanno contraddistinto la storia di Canicattì: nel Settecento la Biblioteca Sammarco, una delle prime biblioteche pubbliche in Sicilia, con i suoi circa duemila volumi, i suoi manoscritti e pregiati incunaboli; nell'Ottocento il primo mulino a vapore esistente in Italia, gestito dalla stesso Comune; nel 1897 lo Stabilimento Industriale Trinacria, tra i più moderni in Europa; a cavaliere del nuovo secolo la prima coltura razionale, su scala europea, degli eccezionali mandorleti del barone Francesco Lombardo; nel 1926 l'utilizzazione dei primi fertilizzanti chimici a livello nazionale, per iniziativa di Nicolò Lombardo. Ma il grande primato, che tanto onora Canicattì, è quello conseguito dal dottor Antonino Sciascia nel campo della medicina con la scoperta della fototerapia, di cui diede comunicazione, primo fra tutti al mondo, nel 1892 al XIII Congresso Oftalmologico di Palermo.

 

Rivalità politica tra Marchesano e Gangitano

Con l'inizio del Novecento si inaspriva la lotta politica: radicali, socialisti, popolari e liberali ne erano i protagonisti. L'accanimento si faceva più acceso in prossimità delle elezioni del 1913, quando il socialista Giuseppe Marchesano, avvocato palermitano, veniva contrapposto al canicattinese on. Cesare Gangitano, deputato liberale uscente, uno dei fondatori della Banca Agricola Cooperativa e dello Stabilimento Industriale Trinacria. Sostenevano il primo il sindaco Gaetano Rao, l'avv. Giovanni Guarino Amella, il comm. Ignazio Caramazza, l'avv. Francesco Macaluso e il comm. Salvatore Lombardo, i quali avevano costituito il Blocco Popolare in unione con le Associazioni operaie e agricole di Canicattì.

Si sarebbe votato per la prima volta con il suffragio universale, così che determinante sarebbe stato il voto del proletariato. E su questo faceva affidamento l'avv. Macaluso, sicuro del successo, tanto che sul suo giornale scriveva: "Cesare Gangitano sarà gettato giù dalla grande coorte di elettori, venuti su dal suffragio universale, che egli stesso votò. Non gli resterà che il Divano di casa sua. E si accomodi pure". Ma sei anni dopo lo stesso avv. Macaluso esprimeva tutta la sua amarezza e delusione, riconoscendo che Marchesano non aveva fatto nulla che fosse degno di ricordo.

 

I socialisti al Comune

La tensione politica si allentava dinanzi al dramma del primo conflitto mondiale, che chiamava al fronte migliaia di canicattinesi e provocava tanti lutti. Dopo il conflitto, pur tra contrasti e difficoltà, Canicattì continuava il suo cammino di progresso civile e morale. Il 25 settembre 1920 i socialisti, usciti vittoriosi dalle urne, eleggevano sindaco l'avv. Rosario Livatino. Sotto la sua amministrazione il 1° gennaio 1921 veniva soppresso il dazio di consumo, "il balzello più scellerato che grava sulla povera gente", come rilevava sul periodico Falce e martello il socialista Diego Cigna, che aggiungeva: "Il carrozzino, la carrozza, l'automobile riceve l'inchino della guardia daziaria, e non rallenta neppure la corsa, innanzi ai posti di cinta; il contadino è frugato di dentro e di fuori, insultato dal personale daziario e costretto al pagamento nella maniera più angarica".

Nello stesso anno 1921 veniva istituita la Scuola di Arti e Mestieri, che il 1° ottobre si inaugurava con piena soddisfazione del giornale socialista, che scriveva: "La Scuola d'Arti funziona regolarmente; le iscrizioni registrano 160 alunni, un concorso fuori del previsto, veramente soddisfacente e lusinghiero". Ben presto si risanava il bilancio comunale, "oberato di un milione di debiti".

E ci si prodigava anche a fornire Canicattì di energia elettrica. Dopo vari tentativi da parte del Comune, sorgeva nel 1922, per iniziativa privata di intraprendenti cittadini, la Società Martorana.

 

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