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Alfonso Arena

Ha vissuto fuori di Canicattì quasi tutta la sua breve esistenza per cui a Canicattì non potè lasciare in nessuno ricordi né brutti né belli della Sua attività politica; ma sulla Sua vita esistono testimonianze di persone che hanno operato insieme a Lui e che hanno potuto fornirci notizie con cognizione di causa.
Perché è fuori di Canicattì che ha onorato la nostra Città nella quale nacque il 3 agosto 1882, manifestando sin dalla prima giovinezza la Sua vivida intelligenza la Sua estrema bontà e la Sua indole di persona corretta e ligia al dovere dandone in varie occasioni concrete dimostrazioni.
Compi i Suoi medi ed universitari a Catania sino al 1905 e nel 1909 risultò tra i primi in un concorso per Ufficiali d'Ordine nella Regia Questura e venne destinato a Milano.
Dopo alcuni anni in virtù delle Sue non comuni qualità e del Suo lodevole comportamento, venne trasferito a Roma presso il Ministero degli Interni in un primo tempo e successivamente al Ministero degli Esteri.
Con l'entrata in guerra dell'Italia nel primo conflitto mondiale nel 1915 chiese ma non ottenne di essere inviato al fronte.
Alla fine della guerra aderì al nascente Fascismo e continuò a servire lo Stato ed i Cittadini nell'esercizio della Sua attività di funzionario pubblico addirittura anche all'estero: infatti nel 1927 vinse un concorso per cancelliere di ambasciata classificandosi ancora una volta tra i primi, e venne assegnato alla nostra ambasciata nel Lussemburgo.
Quivi svolse il Suo lavoro con la consueta solerzia e con la bontà che lo caratterizzavano, facendo di tutto per onorare e far rispettare il nome della nostra adorabile Italia: ciò facendo divenire inviso a taluni fuoriusciti antifascisti che dimostravano di non capire che amare l'Italia non significava necessariamente essere fascisti, anche se Lui lo era nel modo sublime che ogni figura nobile riesce ad espellere: erano gli anni nei quali il Governo Italiano aveva varato nel 1924 la Riforma Gentile per la scuola, aveva emanato nel 1926 la Carta del lavoro ed aveva da pochi mesi stipulato i Patti Later-anensi con la Chiesa Cattolica ristabilendo la pace religiosa in Italia realizzazioni che ponevano il Governo Italiano in buona luce agli occhi degli stranieri molti dei quali furono larghi di elogi e di espressioni di stima; probabilmente anche Alfonso Arena avrà espresso giudizi positivi nei confronti del Governo.
Fu proditoriamente assassinato a colpi di pistola il 30 aprile 1929 mentre rientrava a casa serenamente: aveva meno di 47 anni.
L'Avvocato Aurelio Cassare in una lettera pubblicata sul n. 2 de "LA TORRE" del 19 settembre 1954, ebbe ad affermare che Alfonso Arena fu assassinato perché italiano attaccato alla Patria e non perché fascista.
Canicattì ritenne doveroso onorare la memoria di questo Suo Figlio mediante l'erezione di un mezzo busto, sistemato sulla stessa base davanti a cui oggi sorge il Monumento ai Caduti di tutte le Guerre.
Nel 1944, dopo l'occupazione di Canicatti da parte degli americani avvenuta il 12 luglio 1943, gli amministratori comunali di allora ritennero opportuno togliere il mezzo busto raffigurante Alfonso Arena, lasciando intatta la base e mettendo in cima ad essa un vaso che il Popolo Canicattinese battezzò dispregiativamente "Lu lemmu".
Il mezzo busto, rimasto per decenni abbandonato in un sottoscala della sede comunale, fu riportato alla luce allorquando il Comando dei Vigili Urbani fu allocato, anche se in linea provvisoria, in contrada Carlino, e per parecchio tempo fu posto su un piedistallo nell'atrio di ingresso senza alcuna indicazione scritta.
Nel 2005, durante la gestione Commissariale fu finalmente possibile dare un nome a quel mezzo busto, sul quale qualche giornalistucolo di provincia aveva fatto della sciocca irrispettosa ironia; il mezzo busto di Alfonso Arena rimase al suo posto perche i Vigili Urbani ritennero correttamente che si dovesse onorare un concittadino che aveva fatto parte delle forze dell'Ordine in un primo tempo e successivamente della Diplomazia in rappresentanza della Nazione Italiana all'estero.
Di recente qualcuno avrebbe voluto che per la seconda volta questo monumento fosse rimosso: a costui vorrei ricordare quanto il 4 dicembre 1932 disse Mussolini riferendosi al Governo Iugoslavo che aveva fatto rimuovere i Leoni di San Marco a Trau, perché essi simboleggiavano la dominazione della Repubblica Veneta: "Solo uomini arretrati ed incolti possono illudersi che demolendo le pietre si cancelli la Storia"; ritengo che mai avrebbe potuto immaginare che proprio gli Italiani potessero macchiarsi di tali segni di arretratezza, di inciviltà e di ignoranza.

Carmelo Cammalleri







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