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La festa dell’Assunta

A metà agosto, il 15 per l’appunto, ecco un’altra festa, quella dell’Assunta, che fino a non molti anni fa era preceduta per quindici giorni dalla tradizione delle cappilluzzi, che erano cappellette improvvisate su sedie o tavoli, con addobbi di tela bianca, di veli, di nastri colorati, candele e fiori, dinanzi a cui ogni sera all’aperto, davanti alle proprie case, si raccoglieva in preghiera la gente devota, recitava il rosario e cantava così:

Li quinnici d’agustu
‘na rosa spampinata;
Maria ‘n celu è pacchianata
e pi l’eternità!

O Mamma malata,
cu frevi d’amuri;
cugliemmucci li sciuri,
Maria vola e si nni va!

L’angili di lu celu
pi tia su’ calati;
attornu a lu to lettu
ti stannu ‘nginucchiati.

Ch’è bella ssa vistina,
tagliata a la turchina,
la mittemmu a la Bammina,
videmmu si ci sta!
Ch’è bellu ssu mantu,
ca posa ‘n capu lu mari!
Luciferu ‘nfernali
sutta li pedi sta!

Ch’è bellu ssu mazzettu,
ca ‘n manu lu tiniti!
Chi sciavuru ca faciti,
e di verginità!

Chi su’ belli ssi masciddri,
ca su’ du puma d’oru!
Di grazia e di tisoru
n’aviti ‘n quantità!

Chi su’ belli ssi capiddri,
ca sunnu fila d’oru!
Di grazia e di tisoru
n’aviti ‘n quantità!

A li quattru cantuneri
quattru angili calaru;
a Maria la ‘ncurunaru,
Maria vola e si nni va!


Si tessevano in questo canto le lodi della Vergine Assunta, detta Mamma malata, la cui sacra immagine faceva spicco nelle cappilluzzi: e queste la sera della festa venivano portate in processione per le vie del quartiere tra il cantar devoto e il detonar di mortaretti.
La festa era allora così sentita dal popolo, che c’era perfino chi si preparava ad essa, astenendosi per tutta la quindicina dal mangiare frutta; ed era anche tanto cara ai frati dello Spirito Santo e di San Francesco da farli a lungo litigare per averne l’esclusiva. Per porre fine alla lite dovette intervenire, verso la fine del secolo scorso, il vescovo di Girgenti, il quale decise di assegnare l’organizzazione della festa esterna ai minori osservanti. Fu così che nel 1901 potè uscire dalla chiesa dello Spirito Santo la solenne processione con la Mamma malata dentro l’urna, quella del Venerdì Santo, riverniciata per l’occasione in bianco e oro.
Tramontavano in tal modo le usanze della chiesa di San Francesco, dove il padre Pietro Scibetta organizzava addirittura due processioni: il 13 agosto con la Madonna dormiente e il 15 con la Vergine in gloria. Scompariva alcuni anni dopo la sacra rappresentazione della mattina del 13, quando sull’altar maggiore la Madonna dormiente incrociava, durante le funzioni liturgiche, le braccia al petto, come se fosse morta. Scompariva la pittoresca acchianata di l’Assunta, altra sacra rappresentazione rievocante il mistero dell’Assunzione. Si teneva essa nella chiesa di San Francesco davanti a un gran concorso di popolo, i cui occhi stavano inchiodati all’altar maggiore, dove in un’urna giaceva la Madonna dormiente, la Mamma malata. Ed ecco, al suono di una campanella, scendere dall’alto, tenuta da corde e cordicelle, l’icone di una fanciulla in bianca veste, simboleggiante l’anima della Vergine che veniva a unirsi al suo corpo e a dargli vita. All’improvviso un velo si stendeva sull’urna, spariva la Mamma malata e appariva, salendo lentamente dal basso, l’Assunta ‘n celu, effigiata tra nuvole e angeli, mentre dall’alto scendevano l’Eterno Padre e il Figlio, che reggevano una corona, sulla quale una colomba artificiale rappresentava lo Spirito Santo. Questa corona veniva posta sul capo della Vergine Assunta, la quale, incrociando le braccia in segno di raggiunta beatitudine, saliva verso l’alto assieme alla Trinità. E solenne allora si levava il coro degli astanti:

Che scena sublimissima
di luci e di splendori
a noi quaggiù presentasi,
che allegra i nostri cuori.

Un’illibata Vergine,
al suo Signor fedele,
con gioia e sommo giubilo
assunta vien nel ciel.



Come si vede, erano statue che, debitamente manovrate dai masci apparaturara, quali don Gaetano Milano, Giuseppe Celestri, Giovanni Milano e Salvatore Saetta, eseguivano spettacolari movimenti; e ne veniva fuori una suggestiva rappresentazione, che si ripeteva più volte: anzitutto la mattina della vigilia, poi la sera, prima dei Vespri, e quindi il giorno della festa, al momento del “Gloria” nella messa cantata: e ciò, all’incirca, dalla fine del Settecento, quando fu inventata dal conventuale padre Ignazio Asaro Milisenna, al 1910, anno in cui venne soppressa dal rettore padre Diego Li Calzi, cui l’ac chianata sapeva troppo di teatrale; e alla gente, che ci teneva tanto, fece intendere che non si poteva realizzare per l’ostacolo di un ponte di legno, da lui fatto montare per lavori di restauro dietro l’altar maggiore e tenuto in piedi per molti anni, oltre il bisogno. Terminava così quel l’acchianata di l’Assunta, che aveva sempre destato nel popolo sì grande entusiamo da spingere i monaci dello Spirito Santo a volerla imitare: essi ci si provarono nel 1901, ma ottennero effetti talmente deludenti, che rinunziarono a ogni tentativo di ripeterla.
Ora non si svolge più nemmeno la solenne processione, che aveva dato luogo nel secolo scorso alla rivalità tra conventuali e minori osservanti con le rispettive chiese. È da più di dieci anni che la chiesa dello Spirito Santo non l’organizza, limitandosi a celebrar la festa solo liturgicamente, con sacre funzioni e cerimonie.

(Da "La città di Canicattì" di A. La Vecchia e D. Lodato, Papiro Editrice, Enna 1987)







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