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Quel tre maggio del 1944

Il tre maggio, nella Nostra Canicatti, ricorre una sentita e popolare festa religiosa, Lu TRI DI MAIU, festa del SS Crocifisso che in processione accompagna dalla Parrocchia del Santo Spirito alla chiesa di San Francesco l'Immacolata Concezione. In questi giorni, ricorrendo la festività, assistendo e seguendo i simulacri mi riportai al lontano tre maggio del 1944, da quasi un anno, per noi in Sicilia, era finita la guerra e si pensava a ricostruire quanto moralmente e materialmente era stato distrutto, ed in quell'occasione la festività venne trasformata in una lotta di fazioni politiche, con pugni calci e bastonate. In Canicattì, si erano creati da poco presso le sedi dell'Azione Cattolica i gruppi di esploratori, oggi scout, formati da giovani studenti quasi tutti liceali.
Da giovani cattolici, gli esploratori, di cui facevo parte, sotto la guida del giovanissimo Arciprete Mons.Vincenzo Restivo si erano organizzati per scortare i Simulacri, e con la dovuta autorizzazione dell'autorità competente, a far sfilare con essi il loro gagliardetto e il tricolore. Ricordo che eravamo fermi in piazza Roma, precisamente a fianco della fontana (ora non più esistente essendo stata trasferita in via Mons. La Vecchia) aspettando l'arrivo dei Simulacri, provenienti dalla Chiesa del Santo Spirito, quando un gruppo di facinorosi, non diversamente definibili, incominciarono a provocarci con insulti e minacce.
Non rispondemmo alla provocazione, ed i più grandi invitavamo a mantenere la calma per non rovinare lo svolgimento della festività. Eravamo in uno stato di agitazione e di calma apparente ma responsabile, quando dalla via Colombo all'altezza dell'ex centrale elettrica spuntava una marea di popolo, sventolando bandiere rosse ed inneggiando motivi rivoluzionari, chiedevano che da noi esploratori venisse ammainata la bandiera tricolore. Con il nostro diniego a tale richiesta iniziarono i primi scontri, mentre l'Autorità di polizia cercando di ristabilire l'ordine e di sedare gli animi decideva di ammainare la bandiera. Con spirito giovanile, dei diciotto anni, afferrai il Tricolore, strappandolo dalle mani di un poliziotto, e fuggii inseguito da polizia e dai facinorosi, riuscendo a seminarli e a rifugiarmi nella Chiesa di San Biagio. Stando nascosto in chiesa ne approfittai per nascondere la bandiera, avvolgendola attorno al torace coprendola con il maglione dell'uniforme di esploratore. Ripreso fiato ed ottenuta una certa calma, con i benevoli consigli ed esortazione da parte dei sacerdoti di S. Biagio i fratelli La Valle (di cui uno mio professore di greco al liceo) raggiunsi il gruppo esploratori che nel mentre si era ricomposto in processione. All'altezza dell'incrocio tra la via Marconi e la via Sen. Gangitano fummo nuovamente aggrediti, sviluppandosi una tremenda lotta con pugni, calci, e quant'altro poteva servire ad offendere e colpire. Rivedo ancora il giovanissimo Arciprete Mons. Restivo che per difendere i giovani e anche la sua stessa persona dai continui attacchi si destreggiava in maniera meravigliosa e molto efficace. Ancora una volta le autorità riuscirono a portare la calma e a riprendere la processione. Eravamo giunti presso la scuola Rapisardi che si diffuse la voce che i facinorosi si fossero impadroniti del Tricolore. Spinto dall'ardore giovanile e forse anche da un gesto irresponsabile ma di amor patrio, abbandonata la processione, mi recai alla Chiesa di San Francesco e dopo un vivace alterco con il sacrista e con il rettore Don Sciascia Cannizzaro, mi portai sul campanile, ove per smentire quanto falsamente era stato detto dai facinorosi, issai il Tricolore. Questo atto provocò una reazione violenta e dentro la chiesa volarono ancora una volta pugni calci e anche sedie. Nel ricordare questo episodio non posso fare a meno di ricordare i tanti amici che mi furono insieme nella lotta e che ora non ci sono più quali i fratelli Antonio e Giuseppe Tedesco. Totò Marturana, Fausto La Verde, Crescenzo Amodeo, Ignazio Tavella e tanti altri carissimi. I carabinieri al comando del ten. Di Dino (ottimo ufficiale che venne brutalmente assassinato mentre disarmato cercava di riportare alla calma i rivoltosi di Naro) decisero, essendosi fatto un pò tardi e per evitare ulteriori scontri, di fermare la processione e di ricoverare i Simulacri nella Chiesa di San Francesco. La processione fu ripresa dopo otto giorni, così come da tradizione, e nel piazzale antistante la chiesa di San Francesco venne eretto un altare ai cui lati furono posti gli alfieri degli esploratori, uno con il gagliardetto di questi ultimi e l'altro per volontà dell'Arciprete venne scelto lo scrivente Totò Velia Cannella con il Tricolore salvato dallo stesso dalle mani dei facinorosi. Celebrata la S. Messa la processione si svolse senza incidenti, anche per la massiccia presenza di carabinieri e polizia. Nel ricordare tanto, mi accorgo che molto tempo e trascorso e per fortuna quel clima fazioso è cambiato del tutto, per il nascere di una solidarietà tra le classi sociali per un vivere più tranquillo e sereno.

Salvatore Vella Cannella da "Unitre" Giugno 2007




solfano@virgilio.it

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