BERNARDO MARIA DE CANNECATTIM, MISSIONARIO, POLIGLOTTA E
GLOTTOLOGO DI FAMA MONDIALE
Fino al 1804 per la Lingua Bunda parlata in Angola non esisteva
nessun dizionario, né c'era alcuna grammatica, neppure semplice, che ne potesse
fornire i primi rudimenti. Forte si sentiva perciò l'esigenza di avere adeguati
strumenti linguistici che potessero agevolare i rapporti tra africani ed
europei, specie portoghesi, considerato che l'Angola era a quei tempi una
colonia del Portogallo. Al gravoso compito si sobbarcò allora Fra Bernardo Maria
da Canicattì, missionario di alto ingegno e di non comune cultura. E ne vennero
fuori due grandi opere: il Diccionario da Lingua Bunda ou Angolense e il
Collecçao de Observaçoes Grammaticales sobre a Lingua Bunda ou Angolense,
studi fondamentali per la conoscenza della lingua indigena dell'Angola, di
cui non può fare a meno chiunque voglia affrontare un serio studio in
proposito.
Il Diccionario da Lingua Bunda ou Angolense, stampato a
Lisbona nel 1804 dalla tipografia regia por ordem superior, cioè per
ordine del Governo, presenta una disposizione lessicale in tre colonne, con
i vari termini spiegati in lingua bunda, in portoghese e in latino. Il
Collecçao de Observaçoes Grammaticales, edito pure a Lisbona dalla
tipografia regia nel 1805 sempre per ordine superiore, contiene gli
elementi di fonologia, morfologia e sintassi della lingua indigena dell'Angola,
con rilevanti annotazioni sulla sua origine e sui confini territoriali in cui
essa è parlata. Tale grammatica porta come supplemento il Diccionario
Abbreviado da Lingua Congueza,, in cui le parole sono ordinate in quattro
colonne, in congolese, angolano, portoghese e latino, ed è il primo vocabolario
dell'idioma indigeno del Congo, come giustamente mette in rilievo
l'Osservatore Romano del 6 aprile 1968 in un autorevole articolo su
Gli studi linguistici del cappuccino Bernardo Maria da Canicattì.
Quando tali opere vennero pubblicate, Padre Bernardo Maria
Cassaro risiedeva a Lisbona, dove si era trasferito, anche per accudire alla
stampa dei suoi libri, dopo avere trascorso circa ventidue anni in Africa, nelle
missioni del Congo e dell'Angola, di cui per alcuni anni era stato anche
nominato Prefetto dalla Sacra Congregazione De Propaganda Fide. Nella
capitale portoghese nel 1805 dal Nunzio Apostolico, che lo teneva in grande
considerazione per le sue elevate doti di mente e di cuore, aveva ricevuto
l'incarico di dirigere l'Hospicio dos Missionarios Capuchinhos Italianos,
convento in cui venivano accolti tutti i monaci cappuccini
provenienti dall'Italia, che partivano per il Brasile e l'Africa. E si trovava
ancora in tale Hospicio, non si sa se ancora come superiore, quando il 4
luglio 1834 fu carpito dalla morte.
Padre Bernardo Maria era nato a Canicattì il 16 giugno 1749 da
Michele e Maria Cassaro, che gli avevano dato il nome di Calogero e lo stesso
giorno lo avevano fatto battezzare nella Chiesa Madre. Seguendo la vocazione
religiosa, aveva indossato il 5 gennaio 1766 il saio francescano nel noviziato
dei cappuccini a Caltanissetta. L'anno seguente, il 2 marzo 1767, aveva
pronunciato i voti di povertà, castità e obbedienza, assumendo il nome di Fra
Bernardo Maria da Canicattì. Ordinato sacerdote, aveva chiesto ai propri
superiori di poter partire per le missioni. Sicché a ventotto anni si era
imbarcato per l'Angola, giungendovi dopo un lungo viaggio di circa quattro mesi,
in cui aveva sostato prima a Lisbona e poi a Rio de Janeiro, allora rotta
obbligata della navigazione per l'Africa portoghese.
L'opera missionaria di Padre Bernardo Maria Cassaro si svolse
tra sacrifici e rischi di ogni genere in un territorio vastissimo che andava
dall'Angola al Congo, regioni in cui anche fortemente si facevano sentire le
insidie degli uomini e della natura ostile. Appena arrivato, era stato colto da
grave malattia, che ne aveva messo a repentaglio la vita. Il suo compagno di
viaggio, Padre Pietro da Palermo, duramente provato dagli stenti e patimenti,
era morto il giorno prima di arrivare a Luanda. Lui, invece, di più forte fibra,
era riuscito a superare il male che lo aveva colpito: e ora, instancabile
nell'apostolato missionario, non si dava tregua nel raggiungere i luoghi anche
più remoti, come quando si addentrò nel territorio dei Sova, dove riuscì a
convertire alla religione cristiana lo stesso principe del luogo e molti suoi
sudditi.
Quella del cappuccino Bernardo Maria de Cannecattim (così è
universalmente noto nel mondo della cultura) non fu soltanto opera di
conversione, ma anche di civilizzazione e di pacificazione. Egli nella regione
costiera del Bengo, dove solitamente risiedeva e da dove si irradiava la sua
azione missionaria, si prodigò a costruirvi opere religiose e sociali, a
realizzarvi condizioni di vita più dignitose e a instaurarvi un clima di
convivenza pacifica, che, in un ambiente di continuo insidiato da lotte tribali,
fu di gran sollievo per le popolazioni indigene e per le stesse autorità
portoghesi. Egli seppe attirarsi la stima e l'amicizia dei ministri del Re, i
quali, pur avversi ai monaci e ai missionari stranieri, facevano con lui
eccezione, lasciando in vita, nonostante le leggi di soppressione degli ordini
religiosi, il convento-ospizio da lui diretto e permettendo che su sua richiesta
arrivassero altri cappuccini dall'Italia.
E in Italia, in Sicilia, sperava lui, ormai più che
ottuagenario, di ritornare prima di morire, per rivedere il paese natio, la sua
Canicattì, forse anche con l'intimo desiderio di potervi costruire un convento
dei cappuccini. Ma, quando era già tutto pronto per il viaggio, cedette,
logorato ormai dagli anni e dagli affanni, l'infaticabile suo cuore: e a Lisbona
riposano ora le sue ossa per sempre.
DIEGO LODATO