IL DOTTOR GIUSEPPE PORTALONE, INSIGNE MEDICO CANICATTINESE,
MEDAGLIA D'ORO AL MERITO DELLA SANITA' PUBBLICA
Tra i
concittadini che onorano Canicattì un posto di rilievo merita il dottor
Giuseppe Portalone, medico tisiologo, il quale, intensamente dedito
all'esercizio della professione, non badò a sé stesso, intento com'era a curare
gli altri, e si prodigò a lavorare instancabilmente fino all'estremo sacrificio
della propria vita. L'incessante attività diagnostica, in tempi in cuinon c'erano ancora adeguati mezzi di difesa
dalle radiazioni ionizzanti, fece sì che venisse colto da radiodermite alle
mani. Ma, pur così duramente colpito, non smise mai la sua dedizione a curare e
sanare i mali altrui. L'infermità da cui venne afflitto si trasformò in carcinoma
e lo condusse prematuramente alla morte. Egli si spense a Roma a
cinquantaquattro anni, il 21 luglio 1963, lasciando due figli in tenera età,
Luigi e Gustavo, soli con la propria mamma, Loredana Malisan, una donna
triestina di animo forte, che egli aveva sposato nel 1947.
A lui
Canicattì ha intitolato la strada che, partendo dalla Via Pirandello, costeggia
il Liceo Classico "Ugo Foscolo" e si unisce alla Via Tommaseo. In
tale strada una stampigliatura, alle due estremità di essa, porta testualmente
scritto: "Via M.O. Portalone". Forse non tutti i canicattinesi sanno
spiegarsene il significato. Sarebbe stato meglio scrivere intero il titolo su
una lapide così: "Via Medaglia d'oro Giuseppe Portalone". E' doveroso
ricordare la figura di questo illustre medico, che ha avuto a che fare con i
Raggi X, tanto benefici anche se rischiosi, ed è nato a Canicattì, la città che
ha dato i natali al dottor Antonino Sciascia, il medico scienziato scopritore
della fototerapia, il quale nel Museo della Radiologia di Palermo, l'unico in
Italia e uno dei pochi esistenti in Europa, è onorato come precursore delle
scienze radiologiche.
Quando il
dottor Giuseppe Portalone nacque, il 13 marzo 1909, Canicattì era il primo
comune della provincia di Agrigento per popolazione e ricchezza. Era importante
nodo stradale e ferroviario, era opulento centro agricolo e commerciale, aveva
un'intensa attività industriale ed era sede di numerosi stabilimenti, mulini,
fabbriche e banche locali. Lo Stabilimento Industriale Trinacria, mulino, oleificio
e fabbrica di ghiaccio cristallino, era, con i suoi nuovissimi macchinari, tra
i più moderni in Europa. Emergeva il Mulino comunale a vapore, il primo di tal
genere installato in Italia, che sorgeva dove ora è ubicata la Scuola Media
"G. Verga". All'avanguardia era pure l'agricoltura: e basti ricordare
al riguardo l'uso dei primi fertilizzanti chimici a livello nazionale e la
prima coltura razionale, su scala europea, degli eccezionali mandorleti del
barone Francesco Lombardo. E nel campo scientifico spiccava il dottor Antonino
Sciascia, il quale aveva già dato comunicazione, prima nel 1892 al XIII
Congresso Oftalmologico di Palermo e due anni dopo al Congresso Medico
Internazionale di Roma, di avere scoperto la fototerapia.
Ma mancavano
ancora a Canicattì le scuole superiori, come il Ginnasio e il Liceo, sicché il
giovane Giuseppe Portalone dovette lasciare la famiglia e la città natia per
trasferirsi, insieme con il fratello Ignazio, al Collegio Pennisi di Acireale
per proseguire gli studi. E fu in tale Collegio che egli conseguì la maturità
classica. Si iscrisse, quindi, alla facoltà di Medicina e Chirurgia presso
l'Università di Roma, dove, però, al quarto anno, fu costretto a interrompere
gli studi per l'improvvisa scomparsa del padre e la conseguente necessità di
provvedere a sistemare gli affari di famiglia. Ma l'anno successivo riprese la
frequenza e la proseguì, senza interruzione, fino al conseguimento della
laurea.
Intraprese,
quindi, il corso di Tisiologia sotto la direzione del prof. Eugenio Morelli
presso l' Ospedale C. Forlanini di Roma, dove rimase a prestare la sua opera,
anche dopo avere ottenuto la specializzazione.Scoppiata la guerra, fu chiamato al fronte e svolse il ruolo di
ufficiale medico prima presso l'Ospedale Militare di Trieste e poi al seguito
dell'ARMIR in Russia. Durante gli eventi bellici si prodigò con spirito di
sacrificio e di abnegazione ad alleviare le sofferenze dei militari e ad
aiutare, esponendosi anche a gravi rischi personali,quanti si trovavano in difficoltà.
Ritornato a
Roma e rientrato al Forlanini, riprese il suo lavoro di tisiologo, compiendolo
giornalmente senza risparmio di forze. Dedicarsi agli altri lo sentiva come un
dovere, sicché volle impegnarsi anche nell'attività sindacale per contribuire a
risolvere i problemi di ordine economico e sociale degli operatori della
sanità. Divenne in tal modo un dirigente della Federazione Nazionale dei
Lavoratori Sanatoriali. Ma il male che l'aveva colpito, con le lesioni
pretumorali alle mani, prodottesi nella costante opera diagnostica, fece il suo
inesorabile corso e lo portò in breve tempo alla morte.
Meno di due
mesi dopo la sua scomparsa, il 13 settembre 1963, il Ministero della Sanità
riconosceva gli alti meriti della sua attività professionale, svolta come una
missione, e gli conferiva alla memoria la Medaglia d'oro, con questa
motivazione: «Esposto per lunghissimo tempo alle emanazioni dei Raggi X,
contrasse la radiodermite ad ambedue le mani e, benché consapevole dei più
gravi danni che tale infermità poteva procurargli, continuò in silenzio la sua
diuturna battaglia fino a che le lesioni non degenerarono in carcinoma.
Sottoposto ad intervento chirurgico di amputazione di alcune dita e di
svuotamento dei cavi ascellari, conscio della sua situazione disperata per la
disseminazione metastatica di alto grado, attese serenamente la morte, avvenuta
il 21 luglio 1963».